I valori edonico e nutritivo dello zucchero hanno codifica separata

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 20 febbraio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La maggior parte degli articoli divulgativi che tratta di zucchero e dolcificanti sintetici considera in una prospettiva dietetica il loro valore calorico metabolico, in altre parole considera gli effetti dei processi biochimici cui queste molecole vanno incontro nelle singole cellule dei tessuti che costituiscono la massa magra e la massa grassa dell’organismo. Quasi nessuno si pone questa domanda: il cervello come considera questi composti? Viceversa, questo interrogativo è al centro di un filone di ricerca neuroscientifica che non di rado ha prodotto risultati inattesi, quale quello emerso in uno studio di psiconeuroimmunologia che rilevava l’importanza del glucosio nel promuovere uno specifico meccanismo immunitario in particolari condizioni neurofunzionali.

Agli albori della chimica biologica, i biochimici che ripartivano le macromolecole biologiche in glicidi, lipidi, protidi ed acidi nucleici, definendo le principali classi di composti che costituiscono l’organismo, distinguevano fra i glicidi i monosaccaridi o “osi” e alcuni disaccaridi, caratterizzandoli in base alla proprietà sensoriale gustativa del sapore dolce. Inavvertitamente, in quelle analisi descrittive delle caratteristiche organolettiche, accostate alle proprietà chimiche e fisiche dei composti, si era già introdotto l’elemento di un giudizio di valore biologico dovuto a funzioni di sintesi cerebrale di un codice sensoriale diversamente non distinguibile da quelli che cifrano l’amaro, il salato, l’aspro o l’umami[1].

Da quegli inizi, che introducevano inconsapevolmente fra i criteri dell’osservazione scientifica un valore biologico comune ai cervelli di tutti i mammiferi, la ricerca neuroscientifica ne ha fatta di strada, ed ora il modo in cui il cervello considera composti chimici quali il disaccaride saccarosio, ovvero lo zucchero di barbabietola e canna costituito dai due monosaccaridi glucosio e fruttosio, vuol dire studiare le basi neurobiologiche del piacere generato dal sapore (valore edonico) e del valore nutrizionale riconosciuto dal cervello per effetto di processi affermatisi nel corso dell’evoluzione animale. A questo proposito, una sofisticata sperimentazione ha rilevato che a parità di potere dolcificante e con lo stesso effetto gustativo il cervello dei mammiferi era in grado di riconoscere, distinguere e preferire il saccarosio a molecole con un valore calorico molto inferiore. Stante la ragione evoluzionistica della preferenza del nutrimento più calorico per accrescere le probabilità di sopravvivenza in ambienti naturali in cui il cibo non abbonda e spesso scarseggia, rimane la domanda senza risposta su come faccia l’animale a riconoscere il saccarosio.

Sono, infatti, oggetto di ricerca i segnali nutrizionali e i segnali edonici degli zuccheri e la loro elaborazione da parte del cervello: la comprensione di questi processi aiuterà a comprendere alcuni aspetti del controllo omeostatico dello stato nutrizionale da parte del sistema nervoso centrale.

Esperimenti condotti e pubblicati nel 2010 hanno dimostrato che l’assunzione di una bevanda di saccarosio, in una quantità definita sulla base di precedenti esperimenti, era in grado di ridurre le risposte cardiovascolari, neuroendocrine e comportamentali allo stress, e tale effetto non era innescato dalle proprietà metabolico-energetiche del disaccaride, ma dal sapore dolce avvertito dall’animale. L’attivazione del sistema a ricompensa e la modulazione di sistemi neuronici dell’amigdala basolaterale sono alla base di questo effetto di riduzione della reazione da stress[2].

L’effetto di rinforzo del saccarosio, zucchero abbondantemente presente in natura e rapidamente ridotto nell’organismo a molecole di glucosio per via enzimatica (il fruttosio è convertito in glucosio), può considerarsi specifico perché non è prodotto dai dolcificanti artificiali. Questo potente effetto di ricompensa, che promuove il comportamento di ripetizione dell’ingestione fino a sazietà, viene esercitato sia attraverso la via gustativa sia mediante la via post-ingestiva. Nonostante i numerosi studi effettuati, non si è riuscito a stabilire se i segnali legati al piacere del gusto e quelli legati al potere nutrizionale seguano la stessa via nervosa o siano separati in circuiti diversi per generare la spinta all’assunzione.

Prendendo le mosse dagli esiti di vari studi precedenti, Luis A. Tellez e colleghi coordinati da Ivan E. de Araujo hanno rilevato numerose prove della codificazione separata dei due tipi di caratteri del glicide. Due diversi circuiti dei nuclei della base encefalica sarebbero dedicati all’elaborazione delle due caratteristiche (Luis A. Telles et al. Nicoll, Separate circuitries encode the hedonic and nutritional values of sugar. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4224, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: The John B. Pierce Laboratory, New Haven, Connecticut  (USA); Department of Psychiatry and Department of Neurosurgery, Yale University School of Medicine, New Haven, Connecticut  (USA); Department of Physiology and Biophysics, Biomedical Sciences Institute, University of Sao Paulo, Sao Paulo (Brasile); Department of Physiology, Yale University School of Medicine, New Haven, Connecticut  (USA); Mathematics, Computing and cognition Center, Federal University of ABC, Santo André, SP (Brasile).

Premesso che neuroni e cellule gliali - astrociti in particolare - cooperano e si integrano in molti modi per i fini della fisiologia cerebrale e che il metabolismo nel cervello è altamente compartimentalizzato e specializzato, è opportuno ricordare la centralità del glucosio che, in quanto nodo nevralgico nel rapporto fra disponibilità alimentare e capacità biosintetica, nel cervello è sostrato della vita mentale, oltre che di tutte le funzioni vitali.

Il metabolismo cerebrale del glucosio presenta enormi variazioni regionali e risente in modo marcato del tipo di attività mentale in corso e dell’intensità alla quale la funzione è svolta.

Il glucosio nel cervello non serve solo da substrato energetico, ma assolve a numerosi compiti, incluso quello di fornire la materia molecolare per la biosintesi dell’inositolo ed essere impilato nella costituzione di riserve dell’omopolisaccaride glicogeno. Il suo scheletro carbonioso è incorporato in acetilcolina, lattato, glutammato, glutammina, aspartato, GABA, alanina, serina, glicina, lipidi, composti monocarboniosi impiegati nelle reazioni di metilazione e carboidrati complessi implicati nella glicosilazione delle proteine. Nel cervello in corso di sviluppo, il metabolismo via shunt del pentoso-fosfato (PPS) è particolarmente importante perché fornisce ribosio-5-P per la sintesi dei nucleotidi e il NADPH richiesto per la sintesi dei lipidi e la riduzione del glutatione. Per una sintesi schematica si fornisce il seguente elenco:

 

PRINCIPALI DESTINI METABOLICI DEL GLUCOSIO NEL CERVELLO

 

1) Produzione di energia e biosintesi di carboidrati, amino zuccheri, neuromodulatori, aminoacidi.

2) Glicolisi --- Ciclo Tricarbossilici --- produzione energia, sintesi di aminoacidi e neurotrasmettitori.

3) Glicogeno (costituito da unità di glucosio): riserva dinamica di energia facilmente mobilizzabile.

4) Via (o shunt) del Pentoso fosfato: formazione di NADPH, biosintesi dei nucleotidi.

 

Dopo aver ricordato questi aspetti del ruolo del glucosio, torniamo alla sperimentazione condotta da Luis Tellez e colleghi brasiliani e statunitensi per cercare di identificare le sedi della codifica del valore edonico e di quello nutrizionale dello zucchero.

Ecco le prove di sedi distinte di elaborazione.

Durante l’assunzione del glicide, la soppressione del valore edonico inibiva il rilascio di dopamina nello striato ventrale, ma non interessava la componente dorsale. Al contrario, la soppressione del valore nutrizionale inibiva il rilascio di dopamina nello striato dorsale, ma non nella regione ventrale.

Coerentemente con questi rilievi, l’ablazione cellulare selettiva dei neuroni eccitabili dalla dopamina nello striato dorsale, ma non in quello ventrale, inibivano la capacità dello zucchero di favorire l’ingestione di soluzioni normalmente sgradite. Per converso, esperimenti condotti mediante la tecnica della stimolazione optogenetica dei neuroni eccitabili dalla dopamina nello striato dorsale, ma non in quello ventrale, sortivano l’effetto di sostituire lo zucchero nella capacità di far bere una soluzione non gradita.

Infine, gli autori dello studio osservano che i dati emersi dalla sperimentazione, esposti in dettaglio nell’articolo originale, indicano che le molecole glicidiche dolci naturali reclutano un circuito striatale distribuito, eccitabile da parte della dopamina, che agisce al fine di assicurare la priorità alla ricerca di energia sulla qualità del gusto.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-20 febbraio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Ovvero il sapore degli esaltatori di sapidità come il glutammato monosodico.

[2] Cfr. Note e Notizie 04-12-10 Come il piacere del gusto riduce lo stress (Nicole Cardon & Giuseppe Perrella).